domenica 18 maggio 2014

Tra-la-là

È sabato, dobbiamo andare a fare commissioni: metto la t-shirt granata.
La indosserei anche dal lunedì al venerdì, ma qualcuno ha deciso che è cosa che non si fa, qualcuno ha deciso che ci sono luoghi in cui i simboli non devono entrare per questioni di professionalità.
"OK, non c'è problema... dunque da oggi chi porta il crocifisso al collo se lo toglierà, vero?"
Sto ancora aspettando la risposta.
Vabbe'.
Indosso la t-shirt granata ed esco con Davide.
Ogni tanto mi volto per guardarlo: all'inizio del campionato mi aveva superata di poco in altezza, ora mi distanzia di una spanna, ora quando lo sgrido non sono più tanto credibile, ora può mangiarmi le lasagne in testa, ora è proprio bello, proprio come quella sera in cui i nostri occhi si incrociarono per la prima volta e non ci fu più spazio se non per le migliaia di strade da percorrere insieme e non.
Vengo richiamata alla realtà da una voce che urla al mio indirizzo un FORZA TORO! che mi conferma che stiamo tutti così: in precario equilibrio fra speranza e paura, pur tuttavia sempre fiduciosi.
Amabili testardi e folli, soprattutto amabili, soprattutto testardi, soprattutto folli.
Alzo entrambe le braccia - non so perché - e rispondo SEMPRE FORZA TORO! sorridendo, sorridendo di quel sorriso che si piega un po' strano, come se fosse pronto a raccogliere una lacrima, una lacrima di amarezza, una lacrima di puro godimento, una lacrima, acqua e sale, una lacrima di acqua e sale e anche un po' di sangue, via, perché la sensazione di avere sangue in eccesso - per comunanza cromatica al sentire - non mi abbandona mai.

Ne incontro altri.
Altri che indossano la maglia granata.
Con alcuni si ripete il salmo responsoriale del FORZA TORO! - SEMPRE FORZA TORO!, con altri c'è lo scambio di sorrisi, preceduto dagli occhi che si spalancano vedendo un simile e poi salgono verso lo sguardo del simile davanti a cui ci si ritrova.
È conforto ed è LO SO, ANCHE IO SONO NERVOSO/A.
Si snocciola così un sabato qualunque che comprende:
- rispostacce ai figli
- uccisione accidentale della caffettiera
- fatica nel prendere sonno

Ed è domenica.
L'organismo (quasi) intiero è pronto per l'azione alle cinque e gode del silenzio dell'alba, pur se disturbato dal lavorio del neurone che fa di tutto per parlare con il muscolo cardiaco, già frusto, ma abbastanza grande e robusto per resistere all'ennesima prova.
Si parlano, quei due, e il silenzio dell'alba va a farsi fottere in un trionfo di follia, che è nutrimento e privazione, equilibrio perfetto e discesa verso gli inferi, luce e ombra, bianco e nero... no, questo no, cazzo: questo NO.
Arriverò viva alla fine di questa giornata?
Sì, come sempre.

Vorrei che fosse già questa sera e vorrei che il tempo tornasse indietro, vorrei rimanere sospesa per giornisettimanemesianni in questa strana (ma neppure troppo) miscela di denti che si serrano, stomaco sottosopra, tremore di mani, irritabilità compulsiva, incapacità di concentrazione, vorrei che fosse già domani.

Questa strana sensazione di pensare un pensiero che si intreccia allo stesso pensiero di tutti quelli come me.
Questa strana sensazione di vivere la vita come se fosse realtà aumentata.
Questa strana sensazione di indossare una maglia granata e sapere che se anche la maglietta fosse a fiorellini gialli e rosa sarebbe granata lo stesso.

Vedrò di ricordarmi di respirare: al momento risulta difficile.

"How could we say no?"