domenica 20 ottobre 2013

L'ultima volta in cui ti ho accompagnato

Aberdeen


Foto scattata a Cross, Isle of Lewis, Ebridi Esterne.
Alcuni dicono che presso certi incroci si incontri il Diavolo,
io a Cross ho incontrato un trattore rosso.
Mercoledì 20 ottobre 1993

Una delle giornate più lunghe della mia vita, così lunga che - forse - non è ancora finita poiché si ripropone con insistenza, un tempo dolorosa, ora addolcita dal tempo.

Durante la notte dormo poco e male.
Mamma è a casa sua, nella sua casa di bambina, papà ed io siamo rimasti a Torino ad aspettare: manca poco.
Manca poco e noi due, da brave bestioline che siamo, da brave bestioline che colgono le vibrazioni dello "sta per accadere" (una delle nostre maledizioni personali), non sopportiamo quasi il peso dei pensieri, il peso di quello "sta per accadere".
Ad un certo punto della notte ci alziamo in contemporanea e ci scontriamo davanti alla porta del bagno: non so chi dei due si spaventi di più. Poi una nebbiosa pantomima di "prima tu", "no, prima tu", "va bene, grazie", "prego, figurati", fra denti digrignanti e la voce roca per il sonno e per le troppe sigarette fumate nelle ore prima.

Poi in ufficio, telefono a mamma:
"Il Nonno?"
"Riposa in pace..."
"A che ora è successo?"
"Poco dopo la mezzanotte..."

Chissà che cos'è questa mia fame di sapere a che ora sono accaduti gli eventi. Forse mi aiuta a catalogarli meglio dentro di me. Non lo so. Ci penserò in un altro momento. A dire il vero è una domanda che mi faccio da sempre. Vabbe'.

Si snocciolano le ore, per una volta rapide, e veloce come un uragano passo da casa a raccattare due vestiti e poi mi butto in autostrada insieme con il buio del pomeriggio autunnale.
Piove.
C'è tanto traffico. Luci rosse, arancioni, bianche. Il casello. Quella strada dritta. Giro a sinistra, poi a destra. La casa dei Nonni.

La casa dei Nonni.

Rallento, indecisa se fermarmi o meno, ma no: premo sull'acceleratore e proseguo.

Entro in casa, nella nostra accogliente casa di campagna, papà è già lì da qualche ora e poi lei: eccola.
Improvvisamente piccola, improvvisamente fragile, improvvisamente.
Ha perso la voce.
Questa partita è troppo grande per lei, troppo, ed è appena iniziata.
Poi una breve cena, il rosario.
Il rosario. Ancora non mi rendo conto: è arrivato l'Autunno e si è portato via il Nonno.

A fine funzione accade qualcosa difficile da spiegare, impossibile da tollerare: ci viene detto che, poco prima dell'inizio del rosario, è venuta a mancare anche una cara amica di mamma.
Si stava preparando per venire al rosario e si è spenta.
Ecco... a volte accade così: con un click.

Mamma diventa quasi incorporea, perde il colore residuo dalle guance, le facciamo spazio, le facciamo da scudo. La trasciniamo via e quasi la scaraventiamo in auto per sottrarla alla folla.
Perché c'era la folla.
Per mio Nonno c'era la folla.

Trovo il coraggio per entrare nella casa dei Nonni.
La Nonna è lì, con un sorriso di circostanza e gli occhi di chi ha inventato la tristezza.
Anche l'involucro del Nonno è lì, fra fiori e persone e mormorii e frasi fatte.
Come faccio a raccontare? Come posso raccontare?
In quel momento faccio un pensiero stupido: "Mai più fiori recisi in vita mia, mai più..."
No, mai più fiori recisi in vita mia, mai più: i fiori recisi hanno lo stesso odore di mio Nonno morto.
Mio Nonno che profumava di acqua e sapone di Marsiglia.
Mio Nonno.
Morto.
Non c'è più.

Mamma, intanto, sembra aver perso i contatti con il mondo.
Li ha persi davvero.
Suo padre è morto.
La sua amica è morta.
Tutto nel giro di poche ore.
Mamma è una statua di sale.
Ogni tanto parla, ma dice frasi sconnesse.
Sono spaventata.
Salgo le scale, vado in camera mia, fumo una sigaretta, accendo un bastoncino di incenso, qualche candela, mi lascio accompagnare da pensieri che non riesco a contenere.
Faccio un bel respiro e scendo giù da mamma.
È seduta sul divano, davanti alla televisione, ha gli occhi gonfi, la pelle bianca, un fazzoletto in mano.
Ogni tanto beve un sorso d'acqua.

In televisione c'è Toro-Aberdeen.

Vedo i gol di Paatelainen e Jess scorrere sopra gli occhi di mia madre come se fossero uno scontro fra galassie: un buco nero.
0-1
0-2
"Finirà mai questo giorno?" Continuo a chiedermi in silenzio. Adesso so che sta finendo.

E poi, si sa, le cose accadono.
All'improvviso.
Senza un senso logico.
Semplicemente si insinuano nella tua esistenza.
Ed hanno anche un nome: Sergio.
1-2

Mamma ha un sussulto, come se stesse riprendendo a far parte di QUESTO universo.
L'intervallo della partita.
E poi il secondo tempo.
Sembra di avere la Maratona a due passi.
Fortunato.
2-2

Mamma corre verso il reintegro di sé ed io dentro SONO SICURA che quelli lì, anche senza maglie granata, me la possano portare indietro.
Autorete.
Booth.
3-2

Mamma c'è.
Improvvisamente piccola, improvvisamente fragile, improvvisamente.
Ma c'è.
E può tornare a vivere il suo dolore.
È il momento del lutto.
E per me è il momento del sonno.

Il giorno dopo proviamo a ripartire.
Quando tutto è davvero finito si può ripartire, vero?
Proviamo a ripartire, dunque... ci sono tante cose da organizzare: il funerale e il dopo.
Piove.

Il giorno dopo ancora, durante il funerale, niente pioggia, solo quel sole caldo che illumina di rosso e di giallo la campagna.
Quanto ti sarebbe piaciuto vedere la campagna oggi, Nonno, e quanto ti sarebbe piaciuto vedere la carica del Toro, ieri... questo pensavo mentre ti accompagnavo per l'ultima volta.

Mentre ti accompagnavo per l'ultima volta pensavo a quanto mi sarebbero mancate le tue mani ruvide. Il tuo profumo di pulito. La pelle bianca dei tuoi bicipiti. Il tuo sguardo furbetto. Le tue frasi "a scalpello". Tu.

Ci sono immagini di te che si snodano dentro di me come un film: appoggiato al bastone della zappa che guardi la nonna, seduto sotto la betulla mentre osservi l'assoluto, tu che scendi dall'auto di papà al ritorno da Toro-Fiorentina nell'anno dello scudetto (eri proprio felice!)... così.

Sai, Nonno, quando mi capita di vedere immagini dei giocatori del Grande Torino mi vieni in mente anche tu: portavi i capelli tutti lisciati all'indietro, resi immobili, ordinati e perfetti dalla brillantina.
Anche tu continui ad essere Eroe dentro alla mia testa.
Chissà se lassù in cielo puoi guidare il tuo trattore rosso, chissà se lassù puoi giocare al pallone...



Martedì 7 agosto 2012

Sono ad Aberdeen, aspetto di prendere il traghetto per le Shetland.
Piove.
Gli altri sono in auto, io... "Vado a fare una passeggiata sotto la pioggia."
Guardo il cielo, guardo le gocce che creano cerchi nelle pozzanghere... quei cerchi.
Oddea... Nonno.
Nonno, hai visto? Sono arrivata fino ad Aberdeen...
Guardo il cielo e ti parlo, così come ti ho parlato in tutti questi anni di assenza, così come ti ho parlato in tutti quegli anni di amore infinito.
Infinito.
Se è infinito, dunque, è ancora qui.
Ti vedo, ti vedo dentro di me, vedo quegli occhi che mi guardano, vedo che scuoti la testa, come quella volta in cui eri entrato in camera e mi stavo dimenando come una selvaggia ascoltando "Immigrant Song", scuoti la testa proprio come allora, ma questa volta non mi dici: "Abbassa un po', insomma!", no... questa volta mi dici: "Fai partire quella canzone o no? Hai sempre la testa fra nuvole...", e allora premo il tasto dell'iPod e l'unica musica che voglio sentire entra ancora una volta a far parte delle mie fibre.




Sì, Nonno, ho sempre la testa fra nuvole, sempre.
Solo così riesco a vedere di lontano il tuo trattore rosso, ti vengo incontro, mi fai segno di salire e mi porti ancora una volta a vedere il tramonto fra i campi.
Guardiamo insieme il sole colorare di assurda tenerezza la Natura e mi chiami, ancora una volta, Gio'.
Gio': il diminutivo di GIOIA.
Tu mi chiamavi così.


Domenica 20 ottobre 2013

Sono passati vent'anni e tutto questo amore è rimasto intatto: ti voglio bene per sempre. Ciao, Nonu!

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Il secondo in piedi da sinistra è Lui, alcuni degli altri Uomini ritratti in questa foto se ne sono andati senza avere avuto la possibilità di diventare vecchi. A Lui è toccato di arrivare a vedermi adulta e di raccontarmi le loro storie. Questa foto raccoglie buona parte del mio cuore: è uno dei miei tesori più grandi.