mercoledì 6 marzo 2013

La Bilancia

Cuori e piume


“Dea, fa’ che esploda! Fa’ che esploda adesso, ora, qui, subito!” Grido con voce stridula d’arpia.
“Hey... esagera nen...” Sagliets cerca di ammansirmi. 
“Esagera nen?!? Ma quello... quello... perché non esplode? Perché non si sminuzza in piccolissime particelle? Perché non si infila in un varco spaziotemporale per piombare nelle segrete di Urquhart Castle ed ivi rimanervi? Perchééééé???”
“Urquche?”
“Urquhart Castle, Sagliets, Urquhart Castle. Loch Ness, Highlands, Scozia, hai presente? Non dire di no, altrimenti ti racconto di quella volta in cui mi sono persa dalle parti del Loch Eriboll ed allora sono entrata in un pub e poi...”
“No! In nome dei Demoni dell’Oscurità che ti sono alleati, invoco la tua pietà! Che cosa ne dici di continuare a vedere la partita, Silviettina?”
“Mi hai chiamata Silviettina?”
“Sì, Silviettina.”
“Ommiaddea... che giornata storta...”
Alzo gli occhi al cielo, sperando di scorgere le ampie ali pipistrellesche di un amico demone che - magari! - mi rapisca e mi porti verso incubi più piacevoli, ma nulla accade.

Nulla accade, quando tutto è già scritto.
Questa è la mia impressione durante Toro (Torello, sigh)-Palermo.
Questo è ciò che dico alla Stefi durante l’intervallo. “È tutto già scritto: perché ca§§o siamo venute qua?”
E poi la coscienza accende la sua bella lavagna interattiva (il progresso tecnologico e il progresso interiore, talvolta, vanno di pari passo) e mi mostra che la risposta a tale domanda era già scritta, pure quella... e l’avevo scritta io, l’avevo scritta prima di uscire di casa per andare allo stadio.
Prima di andare allo stadio, sì.

Prima di andare allo stadio chiamo papà.
Chiamo papà, facciamo quattro chiacchiere, ci salutiamo.
Mi dice ancora: “In bocca al lupo.”
Lo dice senza punto esclamativo, lo dice così.
E io so che quelle quattro parole vogliono ANCHE dire tutto il suo Amore per il Toro.
Finisco di vestirmi e vado a dirglielo, vado dire al Toro che tutti ‘sti cuori, oh sì, tutti 'sti cuori sono lì sempre.

Tornata a casa dallo stadio, ripenso alle parole di papà, ripenso a quel che sono andata a dire al Toro, penso e ripenso, mentre mi rodo ancora il fegato e, improvvisamente, mi rendo conto di essermi data una risposta ancora prima di fare la domanda.
Domenica 3 Marzo 2013 ore 09:15 - Risposta: “Finisco di vestirmi e vado a dirglielo, vado dire al Toro che tutti ‘sti cuori, oh sì, tutti 'sti cuori sono lì sempre.”
Domenica 3 Marzo 2013 ore 13:30 - Domanda: “È tutto già scritto: perché ca§§o siamo venute qua?”
Com’era quella regoletta matematica? “Cambiando l’ordine dei minuti l’Amore per il Toro non cambia”. Sì, era proprio così.

“Sagliets, mi è appena venuta un’ideuzza per il prossimo pezzo...”
“No. Te lo proibisco nella maniera più assoluta. No, no e ancora no!”
“Quando sei prevenuto... di che cosa hai paura?”
“Mi fai sempre fare delle figure da pirla, pestifera creatura...”
“Noblesse oblige, caro...”
“Eh? (oh noooooooo....)”
“Lascia perdere, ciccio, anzi: chuppa.”
“Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Chi è causa del suo mal, pianga se stesso...”
“Se lo sapevi perché l’hai fatto?”
“Fatto cosa, maciullatrice di buone speranze???”
“Hai detto ‘Eh?’”
“Chuppa! Ti ho fregata... e adesso mi tiri una bullonata... abbi pietà di me... sii di buon esempio per i pargoli che son qui convenuti per raccogliersi in concione intorno al Toro...”

Dorme.
Ieri è stata una giornata lunga: lo stadio, la partita, gli amici, i suoni, il Granata.
Dorme e mi chino su quelle guance che rimangono tonde a dispetto del fatto che non è più una nanerottola che trotterella per casa, bensì una bimba da cui traspare il suo futuro di donna.
Mi chino sulla guancia esposta e le do un bacio, mormorandole sottovoce: “Buona giornata, Amore, ci vediamo questo pomeriggio.”
Stringe fra le braccia il suo peluche.
Rimango a guardarla da vicino: è la serenità fatta persona.
Apre la boccuccia, forse per salutarmi dal suo mondo di sogni colorati. Oddea, quanto è bella... sì, sta cercando di dirmi qualcosa, che tenera...
“PossosgnarlegnagnauaaaaapaToro?” Mi dice sbadigliando e con la voce ancora roca.
Un po’ mi spavento e un po’ no.
“Non ho capito, Giulia...” Mi viene già da sorridere.
“Posso portare a scuola la sciarpa del Toro?”
“Certo, piccola, certo...”
“Evvai!” Si riaddormenta.

Penso a com’era andare a scuola con la sciarpa del Toro ai miei tempi e penso a com’è andare a scuola con la sciarpa del Toro ai suoi tempi.
Penso a com’era andare a vedere giocare il Toro ai miei tempi e penso a com’è andare a vedere giocare il (variabilissimo) Toro ai suoi tempi.

Penso.

Non trovo differenze, a dire il vero.
Non trovo differenze nella spinta passionale.

Penso.

Penso ad una storia che mi venne raccontata molti anni fa: parlava del Giudizio cui venivano sottoposti i defunti una volta giunti nell’Aldilà secondo gli antichi Egizi.
Il defunto attendeva paziente che il peso del proprio cuore venisse messo a confronto con quello di una piuma, la piuma di Maat, Dea della Giustizia.
Il cuore leggero come una piuma.
Sì, il cuore leggero come una piuma.

Penso.

Penso che quella bilancia mi ricorda tanto quella specie di equilibrio sbilenco, ma sempre saldo, che ho dentro.
Due piatti della bilancia: sul primo il mio cuore Granata, sul secondo quest’assurda leggerezza del peso di essere del Toro.
La leggerezza del peso, sì.
Di essere del Toro, già.
Credo sia quello il motivo per cui si rimane saldi.
Chiamala Fede, chiamala come vuoi... io la chiamo ‘rimanere saldi’.
Ci sono piccole imbarcazioni che riescono ad attraversare l’oceano in tempesta, sballottate di qua e di là, e tuttavia giungono a toccare nuovi confini.
Ci sono grandi imbarcazioni che nell’oceano incontrano la punta di un iceberg e ciao berta.
La barchetta rimane salda e, zitta zitta, naviga l’oceano.
Il cuore pesante rimane saldo e, tump-ba-tump, fa marameo alla piuma.

Tornata da scuola, mi racconta.
“Ho fatto vedere la mia sciarpa del Toro a Emanuele: lui è della giuve!”
“E che cosa ti ha detto?”
“Mi ha detto che è bella! E mi ha detto anche che lui è della giuve e poi del Toro!”
“Vedi, Giulia? Questo è uno dei grandi Misteri della vita... esistono persone che tifano per la giuve e ANCHE per il Toro, NON esistono persone che tifano per il Toro e ANCHE per la giuve.”
“Infatti! Uno del Toro non farebbe mai il tifo anche per... posso di nuovo dire quella brutta parola?”
“Certo.”
“... per la giuve: bleah! Però uno della.... di quella squadra là può fare il tifo anche per il Toro. Interessante. Ovvio. Si vede che siamo proprio più belli...”
È tranquilla e serena, gioiosa come il giorno prima allo stadio, si aggiusta la sciarpa in modo che il Toro sia più visibile, cammina al mio fianco.
Tranquilla, serena, gioiosa, leggera: la mia piccola piuma in crescita.
Metto il mio cuore su un piatto, il suo essere piuma sull’altro, la bilancia è Granata, e mi passa qualsiasi magone, QUALSIASI.

BOOOOOOOOOOOOM!
“È esploso finalmente, Sagliets?”
“Stai buona... era un petardo. Sei nervosetta oggi, néh?”
“Yes. Speravo che...”
“Che cosa, Oscura creatura dalle passioni dirompenti?”
“Speravo che esplodesse, che si disgregasse, che...”
“Ma con chi ce l’hai, Silviettina?”
“Smettila di chiamarmi così, Mauretti!”
“Va bene, strega...”
“A proposito di strega... giochiamo?”
“Sì, dai. Strega tocca colorrrrrrrrrrrrrrrrrrrr... Granata!”
Mi guardo intorno ed ho vinto. Ha vinto anche Sagliets e tutti gli altri.
Il desiderio insano di vederlo (*) esplodere scompare e via verso nuove avventure. 



Questa settimana tocca a “Rain” dei Beatles (b-side di “Paperback Writer”, 1966). Il testo invita a riflettere sul fatto che è sempre questione di predisposizione mentale. La musica... oh be', signore e signori, è Musica.
Dedico “Rain” a chi ama la pioggia (quindi a me medesima), a chi dice che non può piovere per sempre, a chi si sente sempre immerso nel diluvio universale: in fondo la differenza è minima...





(*) Noi tifosi del Toro ce la prendiamo sempre con qualcuno e lo facciamo con veemenza. Ognuno ha qualcosa da recriminare, ha un dito indice da puntare, un vaffanculo da innalzare al cielo. Può trattarsi dell’arbitro, di quell’attaccante, di quell’altro giocatore, di Caio, Tizio, Sempronio. Durante Toro-Palermo ho davvero desiderato che qualcuno, una persona specifica, esplodesse. Chi? Non ha importanza: sono io che devo convivere con la mia coscienza. Intanto, andando via dallo stadio, si sentiva forte l’aria della Primavera. No, non la Curva, la Stagione. Che bel momento dell’anno... sì, è il momento in cui si deve dare il massimo, Ragazzi, perché poi arriva l’Estate e ci sarà spazio solo per recriminazioni e calcio-mercato e cioè il peggio del peggio e quindi... datevi una mossa. Noi cuori, piume e bilance in equilibrio, voi... voi palloni in rete, per favore.